La “nuova Cina” chiede prodotti italiani di qualità
Il 30 settembre 2014, si è tenuta a Milano la terza edizione del convegno “Dinamiche e prospettive del commercio estero italiano”, presentato dall’Osservatorio GEA-Fondazione Edison.
Tra i temi al centro della discussione non poteva non esserci anche quello del mercato cinese e delle opportunità che offre alle imprese italiane. Antonio Scialletti, General Manager di GEA International, ha presentato la sua visione sulle dinamiche di trasformazione dell’assetto socio-economico della Cina e sulle prossime opportunità per le aziende italiane:
La nuova Cina è costituita da 500 milioni di nuovi consumatori che richiedono i prodotti italiani di qualità nei nostri settore di punta: alimentare, abbigliamento, arredamento. E il nuovo manufacturing cinese chiede la migliore tecnologia italiana per completare la sua transizione industriale.
Al convegno è inoltre emerso come, per la prima volta nella storia recente, nel primo trimestre 2014, il surplus commerciale dell’Italia con l’estero – escluso il comparto energia – ha collocato il nostro Paese al quarto posto nel mondo, dietro Germania, Cina e Corea del Sud. Rispetto allo stesso periodo del 2013, l’Italia ha registrato un aumento del saldo commerciale pari a 5,5 miliardi di euro, il doppio della Germania. Si tratta della crescita di surplus commerciale con l’estero più consistente dell’Unione Europea registrata nel primo semestre 2014.
Tra il 2010 e il 2013 l’Italia ha fatto registrare il più alto miglioramento in valore assoluto della bilancia commerciale complessiva tra i Paesi dell’UE-28, pari a +60 miliardi di euro, con un passaggio da un passivo di 30 miliardi nel 2010 ad un attivo di pari entità nel 2013. Questo trend si è confermato nei primi 6 mesi del 2014, durante i quali la bilancia commerciale italiana è migliorata di altri 5,5 miliardi di euro rispetto all’analogo periodo del 2013.
Come spiegato da Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison:
Il rafforzamento della bilancia commerciale italiana è una chiara evidenza del crescente successo sui mercati internazionali dei prodotti di eccellenza del Made in Italy, rappresentati dai settori manifatturieri delle 4A – Automazione, Abbigliamento, Arredocasa, Alimentari. Particolarmente significative le performance nell’export del macrosettore dell’automazione-meccanica-plastica-gomma, che dal 2009 al 2013 hanno marcato una crescita ancora più sostenuta di quella dei settori delle altre 3A. Nel 2012, considerando una base di riferimento di più di 5.000 beni scambiati a livello mondiale, secondo l’Indice Fortis-Corradini©, l’Italia deteneva la prima, seconda o terza miglior bilancia commerciale al mondo in ben 932 prodotti che hanno generato una bilancia totale attiva con l’estero a favore del nostro Paese di 177 miliardi di dollari. Anche quest’anno l’analisi dell’Osservatorio GEA-Fondazione Edison si è focalizzata sui mercati più importanti per l’Italia: i TREC – Turchia, Russia, Emirati Arabi Uniti e Cina, i nostri Next 11 (Brasile, Hong Kong, Arabia Saudita, Messico, Algeria, Corea del Sud, India, Tunisia, Egitto, Libia e Israele) – e i Future 22 (Singapore, Sudafrica, Ucraina, Thailandia, Iran, Marocco, Albania, Serbia, Libano, Indonesia, Venezuela, Malaysia, Qatar, Argentina, Taiwan, Cile, Nigeria, Kuwait, Kazakistan, Giordania, Colombia, Iraq) – i paesi emergenti di media dimensione per l’Italia che mostrano uno sviluppo particolarmente dinamico con tassi di crescita interessanti per il nostro export. Nel 2013, il peso dell’Italia nell’interscambio commerciale con i Paesi emergenti del mondo è risultato sempre più importante. In termini di attivo commerciale i TREC (Turchia, Russia, Emirati Arabi e Cina) sono per l’Italia più importanti dei BRIC (Brasile, Russia, India e Cina): l’export italiano complessivo verso i TREC è risultato pari a 36,2 miliardi di euro, contro i 28,7 miliardi di export verso i BRIC.
Insomma – ha concluso Marco Fortis –
sappiamo esportare e in molti settori siamo leader. … Non dimentichiamo che per attrarre investimenti esteri, oltre a creare un contesto favorevole alle imprese in termini di riforme, fisco, giustizia e incentivi di varia natura, dobbiamo recuperare la domanda interna. Le multinazionali non investono in Asia o in America latina solo per risparmiare sui costi, ma anche per posizionarsi su quei mercati interni che cominciano a svilupparsi. Anche l’Italia deve concentrarsi su come recuperare una crescita dei consumi interni.